giovedì 26 aprile 2012

Leggi con cura la sezione nel sito: "Provocazioni di p. Alex Zanotelli"

Il marchio della bestia

Quella che segue è una parte di una meditazione sul capitolo 13 del libro dell' Apocalisse, fatta da Alex Zanotelli ad un gruppo di operatori della cooperativa "il Seme", di Bergamo.
L’idolo del mercato, l'onnipotenza del denaro
Se questo testo diventa per noi oggi Parola, se cioè come il profeta dell' Apocalisse riusciamo a leggere la realtà dalla parte di chi paga per questo sistema, dal Crocefìsso, dalla vittima dell'impero, è chiaro che per noi oggi è l'impero economico la grande bestia. Non tanto il potere politico quanto quello economico è la grande bestia che sale dal mare, con una potenzialità incredibile. È quella stessa bestia che aveva cavalcato Roma, la grande prostituta, e che ora cavalca l'impero economico. È ancora lei, che cavalca nella storia, in continuità. Questo potere economico ha stravinto, così come è detto in questo testo: aveva potere su ogni tribù, nazione e tutti la adoravano. Notate la potenza che ha questa bestia e la bestemmia: questa bestia bestemmia, perché di nuovo sente di essere Dio. Mai come oggi si è sentito il potere, l’onnipotenza del denaro. Oggi sembra che tutti si inchinino davanti a questo potere, davanti ai grandi dell'economia. Ed è ancora qui la paura del profeta dell'Apocalisse: non ha tanto paura della persecuzione e del martirio, che addirittura riescono invece a unire, a far rivivere, a mettere forza, a purificare la comunità, ma il problema è l'idolatria! Noi diventiamo patte integrante del sistema! Nelle lettere che il profeta scrive a nome del Signore alle sette comunità, alle sette Chiese (e quindi a tutta la Chiesa) parla della paura che ha, non della persecuzione, ma che le Chiese e le comunità stiano lentamente adattandosi alla cultura dominante. È lì il vero grande pericolo. Ed è il pericolo nostro, che anche noi diventiamo parte dell'idolatria dominante, dell'economia dominante e alla fine non diciamo più nulla. Ecco l'importanza di questo senso di resistenza.
Impariamo a resistere!
Sono le comunità che devono resistere, ma la resistenza si paga sempre: "Attenti! Colui che deve andare in prigionia andrà in prigionia! Colui che dovrà essere ucciso di spada, di spada sarà ucciso! Perché, guardate, in questo sta la fede e la costanza dei santi". Volete resistere? Sappiate che la resistenza implica il martirio. Il martirio non è soltanto quello fisico, ma anche e soprattutto, oggi, quello psicologico. Per esempio, in un incontro che ho avuto a Verona, fra tutta la gente che c'era, ad un certo punto si è alzata una donna e ha detto. "Questo sistema è veramente terribile... se tu fai delle scelte subito vieni aggredito. Per esempio i miei bambini, che si confrontano con gli altri bambini, sono venuti a dirmi: Mamma, perché tu sei matta? Ma nessuno fa cose del genere!" Ed è veramente così! Ricordatevi che qualunque scelta voi fate, se è controcorrente lo sentite! Per questo non chiedo a nessuno l'eroismo. Chiedo solo di fare quello che si può.
Se ognuno fa quello che può, alla fine riusciremo a costruire qualcosa di bello. Ma l’eroismo posso chiederlo solo a me, non a qualcun altro, perché anche solo le piccole cose si pagano. La resistenza, l'opposizione, la denuncia... dobbiamo metterci in testa che si pagano in mille maniere.
Ecco la prima bestia: il potere economico, che ha stravinto, che penetra dappertutto, che ci schiaccia, che produce le vittime, soprattutto al Sud. Ed ecco allora il significato della resistenza: bisogna resistere per svelare, per smascherare la bestia e lottare contro di essa.
Una religione che nasconde o che denuncia?
E la seconda bestia? Ai tempi dell'impero romano abbiamo visto che era la religione. Oggi la religione è talmente asservita al potere che non ha potere. Le Chiese non disturbano. Io sono d'accordo con quei biblisti americani che sostengono che le Chiese sono idolatre e parte integrante dell'impero. Noi in Italia non ne siamo molto lontani. Pensiamo a Hitler, a Mussolini che ha usato i Patti lateranesi, a come in questi ultimi quarant'anni il potere politico ha usato la Chiesa. Oggi non è la religione che potrebbe dare problemi. Come Roma usava i templi, i sommi sacerdoti, l'aristocrazia sacerdotale per creare l'ideologia imperante della Roma eterna, del culto imperiale, così oggi il potere economico usa i mass-media. È la televisione per noi, oggi, la seconda bestia. È con la televisione che siamo resi dei tubi digerenti. Si è stimato che un individuo mediamente trascorre tre anni della propria vita a guardare la pubblicità. Tre anni! Per forza che vengono assimilati! E con questo meccanismo passa l'ideologia. Non ci fanno vedere il grido di chi soffre e paga per il nostro modo di vivere. Il messaggio che arriva a noi è che mai siamo stati in un mondo così bello come quello di oggi... è il migliore di tutti gli imperi, mai si è vista una grandezza simile... ma di che cosa vi lamentate? Che cosa volete di più? E questo arriva a noi con la televisione in una maniera così dolce e così soave.
Questa è la bestia che ci mette nel giro, che ci illude sull'impero, che ci fa vedere una precisa immagine dell'impero quando la realtà è ben altra e non fa altro che renderci tubi digerenti. Il messaggio principale di questa seconda bestia è chiaro: consumare. Perché questo è lo scopo di tutto l'impero economico. Noi dobbiamo consumare quello che produce, senza fare domande. E la televisione è uno strumento che funziona benissimo a questo scopo.
Pensiamo poi al significato del marchio della bestia: se volete vivere in quest'impero dovete avere quel marchio, altrimenti non commerciate, non fate fortuna! Oggi il marchio è economico.
Non abbiate paura!
Alla fine il grande messaggio per noi oggi è essenzialmente uno: non abbiate paura! Non è dio questo impero! Ha un nome d’uomo! Il cuore della profezia è questo impero che sembra essere invincibile, ma è mortale! È la statua che ha i piedi di argilla. Come per Daniele, è sufficiente un nulla, un sassolino che rotola via spontaneamente (evidentemente è sospinto da Dio) andando a toccare i piedi della statua... e questo immenso impero di oro crolla. Ecco da dove nasce la speranza: non abbiate paura, Dio è Dio, Babilonia è caduta. Ci sono voluti trecento anni prima che Roma cadesse, ma per il profeta era già caduta, non bisognava averne paura, bisognava resistere. Il timore del profeta è che le comunità si adattino alla cultura dominante e finiscano per tacere. I cristiani, invece, non sono chiamati ad essere il termometro della società, ma il termostato. Ed è questo che hanno fatto le prime comunità. Alla fine hanno fatto crollare l'impero con la loro resistenza.
La speranza nasce dalla parola
Anche per noi oggi c'è questo invito alla speranza. Se c'è una cosa di cui dobbiamo avere paura è di aver paura. La speranza nasce dalla Parola. La Parola diventa liberante al massimo, ci fa leggere, ci dà forza.
Io vi ho dato la chiave di volta per leggere, ma ora sta a voi. Nella comunità ognuno deve chiedersi come sta vivendo e sperimentando la bestia, come può resistere la comunità.
Il mio personale invito è quello di costruire piccole comunità cristiane. Non si può resistere senza una comunità che abbia al suo centro la Parola che è quella leva che Archimede chiedeva per sollevare il mondo, che ci permette di guardare con altri occhi la realtà.
Dentro le comunità c'è bisogno anche degli atei che sono una ricchezza per i credenti, perché permette loro di fare un po' di sana autocritica.
Comunità per credere e per resistere
È importante che dietro ad ogni piccola iniziativa ci sia una comunità per ritrovarsi, leggere la Parola che porta all'analisi sociale (fondamentale per resistere) e alla resistenza mirata.
Non potete resistere a tutto, impegnarvi su tutti i fronti, sul nucleare, sugli immigrati, sulla pace, sul commercio, sull'informazione... è impossibile! Ogni comunità dovrebbe assumersi un impegno preciso (già questo sistema ci impegna e ci fa correre da tutte le parti) per poi connettersi con le altre comunità. Non aspettatevi nulla dall'alto, dall'alto sta arrivando solamente distruzione. È dal basso che nascerà qualche cosa di nuovo e tocca a tutti noi farla nascere. Qui sta l'importanza della Parola, dell'analisi sociale e dell'impegno in piccole comunità cristiane. Piccole comunità cristiane di dieci o quindici persone che si ritrovano una volta alla settimana o ogni quindici giorni a fare insieme questo percorso.

mercoledì 25 aprile 2012

Franco Zanotto al Moma di New York



L'Impronta Bianca & Nera di Franco Zanotto

Stessa identità di Franco Zanotto con Leonardo: l'Italia 
L'Impronta di Franco Zanotto a New York

L'Impronta: l'Identità di Franco Zanotto 
Installazione cromatica di Franco Zanotto
L'Impronta in Sala di Franco Zanotto

lunedì 16 aprile 2012

LE BEATITUDINI EVANGELICHE: Beati i poveri in spirito, perchè di essi è il Regno dei Cieli




-INTRODUZIONE-

La “beatitudine” (o felicità)  è il fine della vita umana, è ciò che più profondamente desideriamo per noi  e per gli altri.
Parlando  delle beatitudini in Matteo, possiamo dire che:
- Sono la proposta di Dio vivere in comunione con Lui, di partecipare alla vita stessa   della Trinità. Le beatitudini non sono delle cose da fare, né dei frutti di ascesi o di sforzo solo nostro. Sono la  conseguenza dell’opera dello Spirito in noi. È lo Spirito che ci può rendere miti, pacifici, puri di cuore, misericordiosi…Il nostro sforzo è nell’accogliere l’azione dello Spirito in noi, di obbedire a Dio.
Quanto la persona accoglie e segue lo Spirito che elargisce i suoi doni (fortezza, scienza, sapienza, intelletto, consiglio, pietà, timor di Dio) tanto è capace di viverele  beatitudini.
- Le beatitudini sono la vita stessa di Cristo, Lui le ha vissute. Per questo, il nostro aderire ad esse ci inserisce nella vita di Cristo, ci unisce strettamente a Lui, ci uniforma a Lui.
-  Le beatitudini non sono categorie sociali.
Per esempio: cosa significa essere poveri? È il riconoscersi nella propria realtà di creature dinanzi a Dio aprendosi alla  relazione con Lui. Significa prima di tutto sapere chi siamo; riconoscere che Dio ci ha  chiamati alla vita e ci mantiene in vita.
Sono degli atteggiamenti interiori, disposizioni della persona ad aderire a Dio.
Persone che vivono la  povertà, la mitezza,  persone che patiscono afflizione non per condizione di vita ma per fedeltà a Dio e  all’uomo.
Il Signore vuole che realmente collaboriamo con lui, dove la Sua e la nostra azione si incontrano. Collaboriamo alla “costruzione” di noi stessi. Infatti ci troviamo ad essere ciò che facciamo. Quando per   fare si intende un   operare, un lavorio interiore, espresso anche attraverso atti concreti che ci fanno  crescere in quanto costruiamo, così, in noi  “un modo di essere”.
Il premio delle beatitudini è Dio stesso: è lui la sazietà della nostra fame, la terra, la misericordia, il  Regno…: è la beatitudine, la vera felicità.

 beatitudini-il discorso della montagna


-LE BEATITUDINI EVANGELICHE-

1 Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei cieli
Beato chi è umile, chi sente il suo nulla ma confida in Dio.
Beato chi sente la sua dipendenza completa da Dio.
Beato chi accetta il progetto di Dio su di lui.
2 Beati quelli chi sono nel pianto,  perché saranno consolati
Beato chi sa piangere sui propri errori.
Beato chi sa piangere con chi piange.
Beato chi paga, soffre e lotta contro le ingiustizie e per i mali del mondo.
3    Beati i miti, perché avranno in eredità la terra
Beato chi sceglie la mitezza, la benevolenza, la pazienza, l’umiltà.
Beato chi ha il cuore grande.
Beato chi rifiuta la violenza.
Beato chi sa perdonare.
4 Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,  perché saranno saziati
Beati coloro che hanno la brama della santità, che aspirano all’autenti­cità evangelica, che scelgono il Vangelo senza accomodamenti né attenuazioni.
Beato chi desidera ardentemente ciò che Dio desidera.
5 Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia
Beati quelli che si sforzano di essere un riflesso della bontà di Dio.
Beati quelli dal cuore grande e misericordioso verso i loro fratelli.
6 Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio
Beati quelli che hanno il cuore sincero perché possono accostarsi a Dio.
Beato chi è autentico nei pensieri e nei fatti perché è accolto da Dio.
7 Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio
Beati i costruttori di pace e di concordia perché hanno in loro qualcosa della bontà di Dio.
Beati i portatori di pace perché somigliano a Dio.
8 Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli
Beati quelli che san pagare per la loro fede.
Beato chi è fedele alla volontà di Dio ed è pronto anche a soffrire per essere fedele alla volontà di Dio.

-BEATI I POVERI IN SPIRITO,

PERCHE’ DI ESSI E’ IL REGNO DEI CIELI-

Signore, che io non accumuli tesori sulla terra, ma nel cielo (Mt 6, 19-20)
1. Gesù ha iniziato la predicazione del Regno annunciando le disposizioni spirituali necessarie per conseguirlo; la prima riguarda la povertà.
Il Signore, nella sinagoga di Cafarnao aveva già letto e applicato a sé la profezia di Isaia: « Lo Spirito del Signore è sopra di me… mi ha mandato ad annunciare ai poveri la buona novella » (Lc 4,18). Nell’Antico Testamento, i poveri non sempre erano circondati di stima e di simpatia, ma piuttosto tenuti in nessun conto, mentre le ricchezze erano stimate un segno della benedizione di Dio.
I poveri sui quali Dio si china con amore e che Gesù proclama beati, sono coloro che non solo accettano la loro condizione di diseredati, ma ne fanno un mezzo per avvicinarsi al Signore con umiltà e fiducia, attendendo unicamente da lui ogni loro bene. La Madonna appartiene alla loro schiera, anzi, come dice il Concilio, « essa primeggia fra gli umili e i poveri del Signore, i quali attendono con fiducia e ricevono da lui la salvezza » (LG 55). La semplice povertà materiale non costituisce quella disposizione interiore che Gesù vuol vedere nei suoi discepoli. Chi essendo povero, non finisce mai di lamentarsi, detesta il suo stato e forse cova odio e invidia verso i più abbienti, non è povero nello spirito. Il Signore vuole la povertà umile e contenta, come quella che S. Francesco ha scelto per sé e per i suoi figli.
2. I poveri che Gesù loda, non sono i fannulloni, gli inetti o i pigri, ma quelli che lavorando per migliorare in modo lecito la loro condizione, non sono però avidi di guadagno e di ricchezze al punto di riporre in esse il loro tesoro.  D’altra parte, quando Gesù, quasi capovolgendo le beatitudini, ha detto: «Guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione» (Lc6,24), non ha condannato i beni materiali, ma il possesso e l’uso sregolati, ingiusti che fanno naufragare il cuore dell’uomo nell’unica ansia dei beni terreni.
Gesù chiede a tutti i suoi discepoli – abbiano poco o molto – di essere « poveri nello spirito » in modo che la preoccupazione per la penuria dei mezzi o l’attaccamento alle ricchezze non diventi mai un ostacolo alla ricerca di Dio, non ritardi l’amicizia con lui.
 Gesù chiede a tutti anche una povertà più alta che è distacco dai beni morali e perfino spirituali. Chi ha pretese circa la stima e la considerazione delle creature, chi è attaccato alla propria volontà, alle proprie idee o è troppo amante della propria indipendenza, chi cerca in Dio gusti e consolazioni spirituali, non è povero nello spirito, ma ricco possessore di se stesso. « Se vuoi essere perfetto – gli dice Giovanni della Croce – vendi la tua volontà…, vieni a Cristo nella mansuetudine ed umiltà e seguilo fino al Calvario e al sepolcro.» 
PREGHIERA: O Signore, fa’ che io comprenda quale grande pace e sicurezza ha il cuore che non desidera cosa alcuna di questo mondo. Infatti se il mio cuore brama di ottenere i beni terreni, non può essere né tranquillo né sicuro, perché o cerca di avere quello che non ha o di non perdere quello che possiede e mentre nell’avversità spera la prosperità, nella prosperità teme l’avversità; è sballottato qua e là dai flutti in continua alternativa. Ma se tu, o Dio, concedi alla mia anima di attaccarsi saldamente al desiderio della patria celeste, resterà assai meno scossa dai turbamenti delle cose temporali. Fa che di fronte a tutte le agitazioni esteriori essa si rifugi in questo suo desiderio come in un ritiro segretissimo, che vi si attacchi senza smuoversi, che trascenda tutte le cose mutevoli e nella tranquillità della sua pace si trovi nel mondo e fuori del mondo.
Diacono Don Ciro Bologna