Tu sei grande, Signore. E l'uomo vuole lodarti, una particella del tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che tu resisti ai superbi. Eppure l'uomo, una particella del tuo creato, vuole lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi delle tue lodi, perché ci hai fatto per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te? Che io ti cerchi, Signore, invocandoti, e t'invochi credendoti?.. t'invochi credendoti?.. t'invoca, Signore, la mia fede, che mi hai dato e ispirato mediante l'opera del tuo Annunziatore (C1,1.1)



1. Agostino si converte all'amore della sapienza immortale.


Quel libro [l'Ortensio di Cicerone], devo ammetterlo, mutò il mio modo di sentire, mutò le preghiere stesse che rivolgevo a te, Signore, suscitò in me nuove aspirazioni e nuovi desideri, svilì d'un tratto ai miei occhi ogni vana speranza e mi fece bramare la sapienza immortale con incredibile ardore di cuore. Così cominciavo ad alzarmi per tornare a te?  Come ardevo, Dio mio, come ardevo di rivolare dalle cose terrene a te, pur ignorando cosa tu volessi fare di me. La sapienza sta presso di te? Del suo fuoco mi accendevo, in quella lettura?? A quel tempo, lo sai tu, lume della mia mente, io ignoravo ancora le parole dell'apostolo (Col 2,8 s.) pure, una cosa sola bastava a incantarmi in quell'incitamento alla filosofia: m'infiammavano ad amare, a cercare, a seguire, a raggiungere, ad abbracciare vigorosamente non già l'una o l'altra setta filosofica, ma la sapienza in sé e per sé là dov'era. Così una sola circostanza mi mortificava, entro un incendio tanto grande: l'essenza fra quelle pagine del nome di Cristo. (C 3,4. 7-8). Che cosa desidera l'anima più ardentemente della verità. Di che cosa dovrà l'uomo essere avido, a quale scopo dovrà custodire sano il palato interiore, esercitato il gusto, se non per mangiare e bere la sapienza, la giustizia, la verità, l'eternità? (GV26,5).

2. La verità è nell'uomo interiore.
 Ammonito da quegli scritti a tornare in me stesso, entrai nell'intimo del mio cuore sotto la tua guida; e lo potei, perché divenisti il mio soccorritore. Vi entrai e scorsi con l'occhio della mia anima, per quanto torbido fosse, sopra l'occhio medesimo della mia anima, sopra la mia intelligenza, una luce immutabile. Non questa luce comune, visibile ad ogni carne, n'è della stessa specie ma di potenza superiore, quale sarebbe la luce comune se splendesse molto, molto più splendida e penetrasse con la sua grandezza l'universo. Non così era quella, ma cosa diversa, molto diversa da tutte le luci di questa terra. Neppure sovrastava la mia intelligenza al modo che l'olio sovrasta l'acqua, e il cielo la terra, bensì più alto di me, poiché fui da lei creato. Chi conosce la verità, e la conosce, e chi la conosce, conosce l'eternità (C7,10.16).
Ciò che sento in modo non dubbio, anzi certo, Signore, è che ti amo. Folgorato al cuore da te mediante la tua parola, ti amai, e anche il cielo e la terra e tutte le cose in essi contenute, ecco, da ogni parte mi dicono di amarti, come lo dicono senza posa a tutti gli uomini, affinché non abbiano scuse?.. . Ma che amo, quando amo te? Non una bellezza corporea, né una grazia temporale: non lo splendore della luce, così caro a questi miei occhi, non le dolci melodie delle cantilene d?ogni tono, non la fragranza dei fiori, degli unguenti e degli aromi, non la manna e il miele, non le membra accette agli amplessi della carne. Nulla di tutto ciò amo, quando amo Dio. Eppure amo una sorte di luce e voce e odore e cibo e amplesso dell'uomo interiore che è in me, ove splende alla mia anima una luce non avvolta dallo spazio, ove risuona una voce non travolta dal tempo, ove olezza un profumo non disperso dal tempo, ove colto un sapore non attenuato dalla voracità, ove si annoda una stretta non interrotta dalla sazietà. Ciò amo, quando amo il mio Dio (C10,6.8).
Dopo la lettura delle opere dei filosofi platonici, da cui imparai a cercare una verità incorporea, dopo aver scorto quanto in te è invisibile, comprendendolo attraverso il creato, e aver compreso a prezzo di sconfitte quale fosse la verità che le tenebre della mia anima mi impedivano di contemplare, fui certo che esisti, che sei infinito senza estenderti tuttavia attraverso spazi finiti o infiniti, e che sei veramente, perché sei sempre il medesimo ..mentre tutte le altre cose sono derivate da te (C7,20.26).
O verità, lume del mio cuore, non vorrei che fossero le mie tenebre a parlarmi! Riversatomi fra gli esseri di questo mondo, la mia vista si è oscurata. Ma anche di quaggiù, di quaggiù ancora ti ho amato intensamente, ho udito alle mie spalle la tua voce che mi gridava di tornare, con stento l'ho udita per le gazzarre di uomini insoddisfatti. E' ora torno riarso e anelante alla tua fonte. Nessuno me ne tenga lontano, ch'io ne beva e ne viva. Non sia io per me la mia vita: di me vissi male, fui morte per me, e in te rivivo: parlami, ammaestrami (C12,10.10).

3. Occorre dunque rientrare in se stessi per trovare la verità e poi trascendere se stessi.
Non uscire fuori, torna in te stesso: è nell'uomo interiore che abita la verità. E se avrai trovato mutabile la tua natura, trascendi anche te stesso.
Ma ricordati, quando ti trascendi, che trascendi un?anima che ragiona. Dirigiti dunque laddove viene accesa la luce stessa della ragione. E dove perviene chi ragiona correttamente se non alla verità?
Nutrendomi delle mie quotidiane lacrime di giorno e di notte ho meditato, ho cercato il mio Dio? poiché come il cervo anelo alle fonti delle acque ed è presso di lui la fonte della vita, gli attributi invisibili di Dio si intravedono con l'intelligenza attraverso le cose create. Questo ammiro, tutto questo lodo, ma ho sete di colui che ne è l?autore. Ritorno in me stesso e vado indagando chi sia io che tali cose osservo (E41,7).
Io cerco il mio Dio in ogni essere corporeo, terreno e celeste, e non lo trovo; cerco la sua sostanza nella mia anima, e non la trovo; ho meditato tuttavia sulla ricerca di Dio con l'intelletto attraverso le cose create, effondo sopra di me l'anima mia. Cerco la sua sostanza in me stesso, quasi fosse simile a ciò che io sono, e neppure qui lo trovo, mi accorgo quindi che il mio Dio è qualcosa di superiore all'anima, ivi è la dimora del mio Dio , al di sopra dell'anima mia: ivi egli abita, di lì mi guarda, di lì mi ha creato, di lì mi governa, di lì mi consiglia, di lì mi sollecita, di lì mi chiama, di lì mi dirige, di lì mi trascina (E41,8).
Ne ricercare la spiegazione dei giudizi che formulavo giudicando, scoprii al di sopra della mia mente mutabile l'eternità immutabile e vera della verità. E così salii per gradi dal corpo all'anima alla sua potenza interiore, da qui ulteriore all'attività razionale. La quale, riconoscendo anche se stessa mutabile, si sollevò fino alla sua intelligenza, per scoprire quale lume la irradiasse quando, senza esitazione alcuna, proclamava che è preferibile ciò che non muta a ciò che muta. (C7,17.23).
E? davvero cosa grande e molto rara sorpassare con lo sforzo della mente ogni creatura corporea e incorporea, considerata e riconosciuta come mutabile, e poter giungere alla giungere alla sostanza immutabile di Dio (CD11,2).
Esiliati dalla gioia immutabile, non ne siamo tuttavia separati e gettati lontano al punto di rinunciare alla ricerca dell'eternità, della verità e della beatitudine anche in queste cose mutevoli ed effimere. Infatti non desideriamo né morire, né sbagliare, né essere inquieti. Per questo Dio ci ha mandato delle apparizioni adatte alla nostra natura peregrinazione per ricordarci che ciò che cerchiamo non è qui, ma che da qui si deve ritornare al principio dal quale veniamo (T4,1.2).

4.- Cristo abita nell'uomo interiore.

Torna, torna al cuore, distaccati dal corpo; il tuo corpo è la tua abitazione; i tuo cuore sente anche per mezzo, ma il tuo corpo non ha gli stessi sentimenti del tuo cuore; metti da parte anche il tuo corpo, rientra nel tuo cuore. Lì esamina quel che forse percepisci di Dio, perché lì si trova l'immagine di Dio; nell'interiorità tu vieni rinnovato secondo l'immagine di Dio: nella di lui immagine riconosci il tuo Creatore. Vedi come tutti i sensi del corpo trasmettono dentro, al cuore, le sensazioni percepite di fuori: vedi quanti servitori ha ai suoi ordini questo unico comandante interiore, e come può fare a meno di tutti operando da solo. Gli occhi trasmettono al cuore il bianco e il nero. Le orecchie, i suoni e i rumori; le narici, i profumi e i cattivi odori; il gusto, l'amaro e il dolce; il tatto, il morbido e il ruvido. Ma il cuore prende coscienza da sé di ciò che è giusto o ingiusto. Il tuo cuore vede e ode, e giudica tutti gli oggetti sensibili: anzi, giudica e discerne ciò di cui non si rendono conto i sensi del corpo, il giusto e l?ingiusto, il bene e il male. Ebbene, mostrami gli occhi, le orecchie, le narici del tuo cuore. Diverse sono le impressioni che si raccolgono nel tuo cuore, ma in esso non ci sono organi distinti. Nel tuo corpo in un posto vedi e in un altro odi; nel tuo cuore dove vedi odi. Se questa è l'immagine, quanto più potente sarà colui di cui i cuore è l'immagine. Dunque, i Figlio ode e i Figlio vede, e il Figlio è questo vedere e questo udire. Il suo vedere s'identifica con il suo essere, come s'identifica con il suo udire. In te non esiste questa identificazione fra il tuo vedere e il tuo udire. In te non esiste questa identificazione fra il tuo vedere e il tuo essere; infatti, se perdi la vista, puoi continuare a vivere, così come puoi continuare a vivere se perdi l'udito. (GV18,10).