sabato 6 ottobre 2012

Ban Ki-moon punta su Romano Prodi per risolvere la crisi in Mali e nel Sahel

L'ex premier scelto dal segretario generale dell'Onu per gestire la situaizone nella tormentata regione desertica, che è diventata un centro di addestramento di Al Qaeda e dove guerra civile e siccità mettono a rischio milioni di vite: "Una decisione che è motivo di soddisfazione per il nostro Paese"


NEW YORK - Sarà Romano Prodi, ex premier italiano ed ex presidente della Commissione Europea, l'inviato speciale delle Nazioni Unite nella regione desertica del Sahel e in particolare in Mali che, dopo un colpo di stato lo scorso marzo, è diventato uno dei centri di Al Qaeda in Africa e dove guerra civile e siccità mettono a rischio milioni di persone.

Lo ha annunciato il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon con una lettera ai 15 Paesi membri del consiglio di sicurezza: "Voglio informarvi della mia intenzione di nominare il signor Romano Prodi come mio inviato speciale per il Sahel". E ancora: "La sua lunga e distinta carriera da premier e da diplomatico, come creatore di consenso, avendo servito come primo ministro e come presidente della Commissione Ue". Il presidente del consiglio di sicurezza, l'ambasciatore guatemalteco Gert Rosenthal, ha fatto sapere che se non riceverà obiezioni dagli altri Paesi membri entro martedì mattina appoggerà la scelta di Ban Ki-moon.

Rallegrazioni sono arrivate anche dal presidente del Consiglio Mario Monti: "I gravi problemi etnici, politici, economici, umanitari e di sicurezza che affliggono la regione subsahariana costituiscono oggi una delle maggiori sfide per la comunità internazionale", ha detto il premier che proprio nei giorni scorsi a New York ha partecipato con il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata al Summit sul Sahel convocato da Ban Ki-moon. "L'Italia - ha aggiunto - è attivamente
impegnata con molteplici iniziative, governative e non governative, a sostegno del Sahel. E' motivo di soddisfazione per il nostro Paese che la scelta del Segretario Generale per questo importante e delicato incarico sia caduta su una personalità italiana con grande esperienza internazionale quale il Presidente Prodi".

La guerra civile in Mali.
La situazione attuale del Paese ha le sue origini nella rivolta della popolazione tuareg che all'inizio di quest'anno si è rivoltata contro il governo centrale. Due mesi dopo, a marzo, c'è stato il colpo di Stato 1 della giunta militare "per reagire all'incapacità del governo di fronteggiare la ribellione dei tuareg nel Nord del paese". Un golpe che ha solo peggiorato le cose: infatti prima i tuareg sono arrivati a controllare due terzi del paese, ma soprattutto gli islamisti legati ad Al Qaeda si sono rafforzati e - prendendo il posto dei tuareg - controllano ora la metà settentrionale del paese, compresa la città di Timbuctu.

La giunta militare e il governo hanno poi trovato un accordo 2, ma il Paese non ha la forza militare di riprendere il controllo del Nord al momento, dove gli islamisti 3 sono di fatto al potere.

L'organizzazione africana dell'Ecowas ha messo a punto un piano per un intervento militare in Mali per riprendere il controllo del Nord, chiedendo all'Onu di autorizzarlo. Lo stesso leader ad interim del Mali, Dioncounda Traore, ha chiesto di autorizzare l'intervento militare. Ma per i 15 Paesi membri del Consiglio di sicurezza serve un piano più specifico di quello presentato: La Francia sta lavorando a una bozza di risoluzione che non prevede l'intervento ma indica una deadline per l'Ecowas e l'Unione Africana per fornire un piano più preciso.

La carestia. Se il Mali è il centro della crisi politico-internazionale, l'emergenza umanitaria in questa regione desertica dell'Africa è molto più vasta. Il Sahel infatti è una fascia desertica che attraversa vari paesi e dove 10 milioni di persone rischiano la vita a causa della malnutrizione. Tra i Paesi colpiti ci sono Mauritania, Burkina Faso, Ciad e Nigeria, tutti afflitti da mesi da una pesante carestia.

I cicli di siccità divenuti sempre più frequenti negli ultimi anni, l'aumento vertiginoso dei prezzi del cibo e l'instabilità politica sono alcune della cause del dramma che colpisce, come sempre, soprattutto i gruppi più vulnerabili: donne e bambini.

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