lunedì 3 ottobre 2011

La piazza delle 99 fontane all'Aquila




Si tratta indubbiamente di un'opera originalissima ed unica nel suo genere. La sua costruzione è databile al 1272, come ci informa una lapide di chiara fattura trecentesca inserita nella parte centrale, ad opera dell'architetto aquilano Tancredi da Pentima su commissione del governatore regio. Per noi aquilani sono Le 99 cannelle, luogo magico. Diagonalmente, incassata nella terra, coronata da alberi e vigneti, si dischiude verso l'infinito nel suo spazio introverso. Immaginate un grande sito cinto da mura perimetrali, erette nel XV secolo, nei colori bianco e rosa della pietra che si sposano con l'azzurro terso del nostro cielo. Una scalinata di ciottoli vi conduce nel piazzale ai bordi del quale sorgono i vasconi in pietra sormontati da 99 mascheroni in pietra anch'essi, tutti diversi tra loro, che rappresentano uomini, donne, satiri, guerrieri ed animali che si alternano alle tipiche formelle abruzzesi scolpite in rosoni circolari a quattro foglie o a girello. Quei volti sono ora seri, ora beffardi, ora grotteschi, ora ironici : una realtà nella quale perdere la propria immaginazione.
L'originalissima forma trapezioidale ne esalta la particolarità : fu costruita per essere un lavatoio e tale rimase fino agli inizi dello scorso secolo. L'acqua, sempre gelida, anche in piena estate, fuoriesce dai mascheroni per confluire nei vasconi sottostanti in un perenne festoso gorgoglio. Circoscritti in questo luogo, comprendiamo che abbiamo varcato la soglia di un sito che è un territorio artistico, mistico e atemporale dove l'acqua coniuga ed armonizza sapientemente le volumetrie.




Con le sue 99 Cannelle essa richiamerebbe il numero dei castelli del contado che contribuirono alla fondazione della città e che edificarono ciascuno una piazza con una chiesa e una fontana. I volti sarebbero quelli dei Signori chiamati a raccolta da Federico II di Svevia. Il monumento, quindi, assurge a simbolo dello sforzo comune dei fondatori e del loro sodalizio


La misticità dell'opera, nella città dei Cistercensi, grandi conoscitori dei segreti della scienza, dell'astronomia, dell'ingegneria e dell'architettura e del loro braccio armato, i Templari, è accresciuta dal fatto che nessuno, ancora oggi, conosce la sorgente principale che alimenta la fontana. La leggenda continua narrando dell'uccisione e successiva sepoltura al centro del pavimento della fontana del Maestro Tancredi da Pentima, monaco cistercense e grande architetto,il quale fu così punito quando affermò, una volta conclusa l’opera, di poterne riprodurre delle altre.
La fontana si presta alla visione da due punti di vista differenti e meravigliosamente dissociati: il primo è quello unitario , di tipo aereo, a volo di uccello, tanto che é proprio dal di fuori della sua struttura che se ne conosce la visione compatta, il secondo è quello interno dove si entra in contatto con un centro fissato dentro lo spazio che ci permette di ruotare di 360° all'interno dell'opera. Questa possibilità di osservazione ,che mette in relazione la terra e l'aria attraverso un rimando di punti, ne definisce, come per magia ,il volume: una forma totalmente e volutamente aprospettica.

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